Le tipologie di realizzazione delle piscine possono essere riassunte in più categorie:
- vasche costruite in cemento armato;
- vasche con casseri a perdere
- vasche prefabbricate in acciaio zincato
- vasche prefabbricate in vetroresina
- vasche monoblocco in acciaio inox
Ognuna di queste categorie ha al suo interno numerose possibili varianti.
Le piscine devono essere in grado di resistere a numerose sollecitazioni, quali:
- la spinta data dal peso dell’acqua contenuta nel bacino;
- l’eventuale spinta proveniente dal terreno (ad esempio a causa della presenza di falde acquifere superficiali);
- le deformazioni dei materiali dovute alle escursioni termiche.
Non esiste una tipologia migliore delle altre a priori. La scelta corretta va effettuata in base a molteplici fattori, che andrebbero valutati con attenzione prima di procedure all’acquisto.
2.4.1 Le vasche in cemento
Il cemento armato rappresenta sicuramente il metodo più classico di costruzione di una piscina, anche se nelgi ultimi anni si sono sviluppate tecniche diverse altrettanto valide.
Sempre nel campo delle realizzazioni in cemento, infatti, si sono diffusi metodi alternativi alla classica armatura, con l’utilizzo di casseri a perdere e moduli in cemento prefabbricati. Quando si realizzano vasche di grandi dimensioni, comunque, è quasi sempre preferito l’utilizzo del cemento armato.
Le vasche in cemento possono essere appoggiate su fondazioni oppure direttamente al terreno (controterra). Le vasche sospese su fondazioni hanno il vantaggio di essere totalmente ispezionabili, di garantire che il passaggio delle tubazioni provenienti dall’impianto di filtrazione sia a vista, meno soggetto a rischi di rottura in fase di realizzazione e di più facile manutenzione; inoltre, l’ispezionabilità della struttura consente di intervenire con una certa facilità anche nel malaugurato caso di perdite d’acqua.
E’ possibile anche una soluzione mista, adottabile soprattutto nel caso di vasche con una parte molto più profonda del resto della struttura: in questo caso si può appoggiare al terreno la parte profonda e lasciare sospeso il resto. La vasca controterra può a sua volta essere appoggiata solamente sulla fondazione e non sulle pareti, che possono essere circondate da un cavedio, più o meno facilmente ispezionabile ma comunque utile al passaggio ed alla eventuale necessità di intercettazione delle tubazioni.
E’ comunque possibile appoggiare a terra tutta la vasca, fondo e pareti, avendo cura in questo caso di far passare le tubazioni in alloggiamenti protetti..
Naturalmente queste diverse tipologie richiedono modalità costruttive e attenzioni progettuali diverse, con conseguenti diversi costi di realizzazione.
Prima di progettare una vasca in cemento armato è indispensabile conoscere approfonditamente le caratteristiche del terreno, per valutarne la consistenza e prevenire possibili cedimenti differenziali, che potrebbero anche portare alla rottura del bacino. I sondaggi geognostici sono previsti obbligatoriamente dalla legislazione italiana e vanno eseguiti da un geologo. Vanno ricercate, inoltre, possibili falde acquifere nelle vicinanze dello scavo.
2.4.2 Le vasche prefabbricate
Le vasche prefabbricate rappresentano una valida alternativa al cemento armato. Sono generalmente più economiche ed il montaggio risulta più rapido rispetto alle vasche in cemento. Non possono, a causa della loro struttura, essere sospese, in quanto necessitano sempre di un appoggio che bilanci la spinta verso l’esterno dovuta all’acqua contenuta nel bacino. Questo appoggio viene generalmente fornito dal terreno circostante, ma esiste anche la possibilità di dotare la vasca di adeguati contrafforti che tengano la spinta al posto del terreno. In questo caso la piscina può risultare ispezionabile su tutti i lati, rimanendo appoggiata solo sul fondo, al quale va sempre collegata tramite una soletta in cemento armato. In questo modo non risulta rischioso vuotare la vasca anche per lunghi periodi, mentre quando non è dotata di contrafforti togliere l’acqua può risultare pericoloso a causa della controspinta del terreno, che potrebbe far collassate le pareti verso l’interno.
Per assicurare la massima tenuta della struttura prefabbricata è indispensabile che il terreno sia stabile, perfettamente livellato e che sul fondo sia eseguito un getto di calcestruzzo armato per evitare possibili cedimenti. Il reinterro intorno alle pareti deve essere eseguito con attenzione, rigorosamente senza mezzi meccanici e con materiale adeguato (ghiaia non troppo grossa e mai materiale di riporto).
Le piscine a pannelli, ed in particolare quelle a pannelli metallici, occupano un posto di assoluta preminenza nel campo delle piscine prefabbricate, anche se per talune tipologia di piccole vasche, soprattutto ad uso privato, è molto diffusa anche la tecnologia delle piscine realizzate in vetroresina monoblocco.
2.4.3 Il rivestimento
La scelta del tipo di rivestimento di una piscina è condizionata da vari fattori, che vanno da quello puramente estetico a quello economico o strutturale.
I diversi tipi di rivestimento possibili per una piscina sono:
- rivestimento in ceramica (gres porcellanato o klinker);
- rivestimento in mosaico;
- verniciatura;
- telo in PVC (Liner).
Per quanto riguarda le piscine costruite in cemento armato tutti questi tipi di rivestimento sono applicabili, mentre le piscine prefabbricate necessitano, per trattenere l’acqua, di un rivestimento in pvc. Le piscine in vetroresina monoblocco non necessitano invece di rivestimento.
Va specificato chiaramente che, a parte il telo vinilico (o liner o rivestimento in pvc), nessun altro tipo di rivestimento è in grado da solo di impermeabilizzare la piscina. La garanzia di tenuta della vasca in cemento armato, infatti, è data principalmente da una struttura ben eseguita, eventualmente associato ad una successiva impermeabilizzazione eseguita con prodotti oggi molto diffusi sul mercato, che hanno raggiunto una ottima garanzia di successo.
2.4.4 I sistemi di ricircolo dell’acqua
Una volta riempita, l’acqua contenuta nel bacino costituente la piscina viene rinnovata solamente in parte. Per garantire la balneabilità, una porzione dell’acqua viene fatta passare all’interno dell’impianto di filtrazione e di disinfezione, per essere depurata. Questo processo è continuo e non andrebbe mai interrotto, spegnendo le pompe, abitudine purtroppo molto diffusa. I sistemi che consentono di ricircolare l’acqua tra la vasca e l’impianto di depurazione possono essere di vario tipo, a seconda di come l’acqua viene immessa nel bacino (circuito di mandata) e di come viene aspirata dall’impianto (circuito di ripresa).
Gli accessori del circuito di mandata possono essere costituiti da bocchette posizionate sul fondo o da bocchette laterali poste sulle pareti della vasca, mentre il sistema di ripresa può essere del tipo a sfioro superficiale, costituito da una canaletta posta sul bordo della piscina che raccoglie l’acqua e la porta all’impianto attraverso la vasca di compenso, oppure realizzato tramite aperture situate sulle pareti della vasca (mediante fori rettangolari nella parte alta, detti skimmer) o posizionate sul fondo (presa di fondo).
L’insieme di queste possibilità dà origine a diverse possibilità per la realizzazione dei sistemi di ricircolo:
- mandata dal fondo / ripresa a sfioro;
- mandata dalle pareti / ripresa a sfioro e dalle prese di fondo;
- mandata dalle pareti / ripresa dagli skimmers.
E’ sempre possibile la realizzazione di altri sistemi di ricircolo, combinati tra quelli esposti, in funzione di particolari caratteristiche dell’impianto e del bacino.
La tipologia di ricircolo dell’acqua va decisa in fase di progettazione, poiché è indispensabile determinare con anticipo il posizionamento delle bocchette o degli skimmers o della canalina di sfioro. Queste diverse tecnologie, infatti, condizionano anche le scelte progettuali e le fasi della costruzione della vasca, e quindi di conseguenza il costo finale della costruzione.
Solo per accennare alle caratteristiche costruttive di cui si parlerà più avanti, le bocchette di fondo (sia di immissione che di ripresa) vanno posizionate sopra al magrone e fissate ai ferri della successiva gettata della soletta, mentre le bocchette laterali non vanno necessariamente previste nella fase del getto delle pareti, in quanto è possibile inserirle in una fase successiva praticando dei fori; la canalina di sfioro, nel caso di piscine prefabbricate, condiziona la forma e la struttura dei contrafforti di sostegno ed incide in maniera rilevante sul prezzo; nel caso di assenza di bordo sfioratore, la struttura in cemento armato da realizzare è più semplice, dovendo prevedere solo le aperture per gli skimmers, solo per citare alcuni esempi.
Ma la differenza fondamentale tra la ripresa a sfioro e quella dagli skimmers è rappresentata dalla necessità di prevedere nel primo caso la presenza della vasca di compenso. Si tratta di una vasca, dimensionata in genere tra il 5 ed il 10 % del volume della vasca o del volume totale delle vasche servite nel caso siano più di una, che raccoglie l’acqua dalla canalina di sfioro e serve per compensare, appunto, eventuali modifiche del volume dell’acqua presente nel bacino dovuto alla presenza contemporanea di un certo numero di bagnanti. Un altro compito della vasca di compenso è quello di reintegrare, attraverso un sistema automatico governato da sonde che comandano un elettrovalvola collegata alla tubazione proveniente dall’acquedotto, l’acqua che viene persa per evaporazione o perché portata via dai bagnanti.
Dal punto di vista estetico la piscina a sfioro è certamente più affascinante, poiché consente di realizzare una superficie senza soluzione di continuità tra acqua e terreno circostante. Dal punto di vista funzionale, il sistema fondo/sfioro rappresenta quello maggiormente in grado di garantire che tutto il volume dell’acqua venga interessato dalla depurazione, senza la creazione di punti morti nei quali l’acqua può rimanere ferma consentendo agli inquinanti di proliferare indisturbati ed allo sporco in superficie di rendersi visibile,
Va detto che negli ultimi anni praticamente tutte le piscine ad uso pubblico sono dotate di sistema di ricircolo a sfioro e di vasca di compenso.
2.4.5 La vasca di compenso
L’inserimento nel progetto della vasca di compenso, nella quale l’acqua deve cadere per stramazzo e quindi deve essere collocata in modo che il livello di massimo dell’acqua contenuta nella vasca di compenso sia ad una quota inferiore rispetto a quello della piscina, richiede disponibilità di spazio e comporta un costo dell’opera finale indubbiamente più alto.
La realizzazione della vasca di compenso, o di compensazione, è indispensabile nel caso di piscina con recupero a sfioro, poiché per mantenere il livello dell’acqua sempre costante è necessario compensare le modifiche di volume apportate dall’ingresso dei bagnanti in piscina. E’ necessario cioè un sistema che raccolga l’acqua che il volume occupato dai bagnanti costringe ad uscire e che la re-immetta nel bacino quando i bagnanti se ne saranno andati. Attraverso un sistema di controllo automatico di livello comandato da sonde una elettrovalvola reintegra l’acqua persa dall’evaporazione e dai bagnanti in modo che il livello dell’acqua nella vasca si mantenga sempre costante.
Nelle vasche più piccole, ad uso privato, è possibile evitare la realizzazione della vasca di compenso utilizzando una canalina di sfioro molto più profonda del normale, all’interno della quale vengono inseriti i galleggianti delle sonde di livello. La vasca di compenso è generalmente realizzata in cemento armato, ma può essere anche costituita da un serbatoio, costruito ad esempio in vetroresina. Va detto che dal punto di vista igienico la vasca di compenso presenta la necessità di essere pulita periodicamente (almeno una volta l’anno, se non si presentano particolari situazioni) e a questo scopo è necessario garantire un accesso sufficientemente agevole ad uno o più operatori umani. Per questa ragione la scelta del serbatoio deve essere effettuata solamente in situazioni nelle quali non esistono alternative.
La vasca di compenso va correttamente dimensionata in relazione a:
- volume di acqua spostato dai bagnanti;
- volume di acqua necessario al controlavaggio;
- volume di acqua che ricircola nelle canaline di sfioro (e che va in vasca di compenso quando si ferma l’impianto).
Il calcolo del volume di acqua spostato dai bagnanti si effettua considerando circa 70 litri a bagnante moltiplicato per il numero massimo ammissibile di bagnanti in vasca, normativamente stabilito calcolando due metri quadri di superficie per ogni bagnante.
La quantità d’acqua necessaria per il controlavaggio dei filtri varia anche molto in funzione della tipologia di filtro prevista. Nel caso in cui al momento della progettazione non sia possibile stabilire tipologia e costruttore dell’impianto di filtrazione conviene dimensionare questo dato sul carico massimo, costituito dall’intera portata di ricircolo per un tempo di dieci minuti.
Il volume contenuto nelle canaline andrebbe calcolato, ma si può comunque considerare trascurabile nel caso in cui siano stati tenuti abbondanti le prime due voci.
Nel dimensionare la vasca di compenso va posta molta attenzione al fatto che non tutto il volume costruito della vasca è in realtà utilizzabile. Va infatti tenuto conto che l’acqua vi cade a stramazzo e quindi necessita di uno spazio di circa trenta centimetri dalla superficie massima dell’acqua contenuta nella vasca e il bordo superiore. In questo spazio va prevista la tubazione di troppo pieno. Inoltre, l’aspirazione da parte delle pompe avviene dal fondo della parete verticale che si affaccia sul locale tecnico ed è necessario mantenere il livello di minimo al di sopra dell’imbocco di tale tubazione in misura sufficiente ad evitare vortici e risucchi di aria, che potrebbero danneggiare le pompe.
Si capisce quindi che lo spazio tra il quale possono giocare il livello di minimo e quello di massimo delle sonde non corrisponde certamente al volume geometrico della vasca.
Una vasca di compenso troppo grande non crea altri problemi oltre a quello del costo elevato di costruzione e di manutenzione, poiché non va dimenticato che anche l’acqua che circola al suo interno va trattata e riscaldata come quella della piscina, ma una vasca di compenso troppo piccola può causare non pochi problemi di gestione, sia perché l’acqua può strabordare e perdersi nel troppo pieno quando entrano molte persone in vasca, sia perché l’acqua non è sufficiente per effettuare il controlavaggio dei filtri.
2.4.6 I calcoli strutturali
Per garantire l’integrità strutturale di una piscina si devono rispettare i requisiti generali di sicurezza secondo quanto prescritto dai metodi di prova UNI EN 13451-1, che prevedono la redazione di un calcolo strutturale che prenda in considerazione tutte le sollecitazioni alla quale sarà soggetta la struttura, da eseguirsi mediante il metodo degli stati limiti o la conformità delle prove fisiche di integrità strutturale.
Citando testualmente la norma: “I calcoli strutturali devono essere realizzati in modo di garantire la integrità strutturale e la stabilità sia della vasca che della attrezzatura della piscina, e deve essere valutata con uno dei seguenti metodi:
- a) Calcolo, eseguito in conformità ad una analisi dei carichi e metodo di calcolo della integrità strutturale;
- b) Prove fisiche di integrità strutturale;
- c) Entrambi.”
Solo per quanto riguarda l’attrezzatura per piscine non occorre tenere conto di carichi accidentali, vale a dire carichi provocati da incendio, collisione di veicoli o terremoto, né verifiche relative alla fatica.
Tutta gli elementi che costituiscono la struttura e l’attrezzatura per piscina dovrà essere calcolata e dimensionata in modo di resistere alle condizione di carico più sfavorevole.
Per una corretta analisi dei carichi l’ingegnere strutturista deve prendere in considerazione i carichi che agiscono sulla struttura della piscina e sulla attrezzatura, quali: il peso della vasca, il peso dell’acqua, gli utenti, la spinta dell’acqua verso la vasca trasmessa dei nuotatori e l’acqua in continuo movimento, la quale genera un sistema di vibrazioni sulla struttura della vasca.
La normativa per i requisiti generali di sicurezza e metodi di prova UNI EN 13451-1, raggruppa tutto ciò in tre analisi dei carichi: carichi permanenti, carichi di presollecitazione e carico indotto dagli utilizzatori.
Nell’ analisi dei carichi permanenti che influiscono sulla struttura si prendono in considerazione il peso proprio della vasca; nell’ analisi dei carichi di presollecitazione invece, si devono considerare le situazioni di sollecitazione che si presentano in una piscina, quando essa è piena e quando eventualmente viene svuotata.
Per quanto riguarda i carichi variabili si devono tenere presenti tutti i carichi che si presentano in qualsiasi struttura, quali: carichi da neve, da vento, indotti dalla temperatura, altri carichi specifici e i carichi indotti dagli utilizzatori, e prendere in considerazione solo quelli che influiscono sul caso in particolare.
Nell’ analisi dei carichi indotti dagli utilizzatori si deve considerare il peso di un utilizzatore in età media moltiplicato per un coefficiente che ne rappresenta il movimento nell’acqua della piscina. Questo carico si rappresenta orizzontalmente (il peso) e verticalmente (urto contro le pareti della vasca), tenendo presente la forma della struttura.
I carichi variabili che riguardano neve, vento, temperatura ed altri carichi specifici, devono essere ricavati dall’Eurocodice relativo alle azioni sulle strutture considerando un periodo di riferimento di 10 anni.
Si deve ricordare di calcolare il numero massimo di utilizzatori presenti sull’attrezzatura della piscina, cioè il peso massimo al quale può essere soggetto ogni elemento riguardo il carico indotto dagli utilizzatori . Il numero calcolato deve essere arrotondato al numero intero successivo.
Come previsto dalla norma UNI, si devono effettuare delle combinazione dei carichi realizzate in modo da dimensionare la struttura e gli elementi ad essa relazionati con il sistema di sollecitazione più sfavorevole.
Per rendere possibile ciò si devono applicare ai carichi analizzati precedentemente dei coefficienti di sicurezza parziali, previsti dalla norma, con lo scopo di aumentare gli effetti di carichi sulla struttura.
Non è necessario combinare carichi variabili indipendenti, come i carichi da vento e i carichi indotti dagli utilizzatori. I carichi correlati che agiscono in direzioni differenti, come i carichi verticali e orizzontali indotti dagli utilizzatori, devono invece essere combinati.
Ogni struttura ed elemento strutturale, per esempio collegamenti, fondazioni, appoggi, deve essere calcolato tenendo conto delle combinazioni di carico per l’analisi statica. Il metodo di calcolo utilizzato deve basarsi sui principi generali e sulle definizioni degli stati limite come specificati nell’Eurocodice relativo alle strutture ENV 1991-1.
Si possono utilizzare regole tecniche ben consolidate e metodi legati alla pratica di costruzione diversi dal presente metodo, a condizione che il livello di sicurezza sia almeno identico.
Gli stati limite sono gli stati oltre i quali la struttura non soddisfa più i requisiti della norma UNI.
In forma simbolica, uno stato limite può essere espresso come:
gF x S <= R/gM
dove:
gF è un coefficiente di sicurezza parziale per i carichi;
gM è un coefficiente di sicurezza parziale per i materiali;
S è l’effetto del carico;
R è la resistenza della struttura.
Gli stati limite ultimi che devono essere presi in considerazione includono:
- a) perdita di equilibrio della struttura o di qualsiasi sua parte, considerata come un corpo rigido;
- b) collasso dovuto a deformazione eccessiva, rottura o perdita di stabilità della struttura o di qualsiasi sua parte.
Gli stati limite ultimi sono quelli associati al crollo, o ad altre forme di collasso strutturale che possono mettere in pericolo la sicurezza delle persone.
In presenza di requisiti di esercizio, il metodo di calcolo preferito deve basarsi sui principi dello stato limite di esercizio come specificati nell’Eurocodice strutturale ENV 1991-1.
I criteri di inflessione per gli stati limite di esercizio menzionati negli Eurocodici non si applicano all’attrezzatura per piscine. Gli stati limite di esercizio corrispondono agli stati oltre i quali i criteri di servizio specificati non sono più soddisfatti.
Per realizzare i procedimenti di prove di resistenza ai carichi, si procede ad applicare su un provino il carico totale durante 5 minuti, se questo dopo non dimostra segni di fessure o crepe, la prova si considera superata.
Ogni struttura deve resistere a carichi permanenti e variabili che agiscono sull’attrezzatura
o su parti della stessa. Quando sottoposta a prova di conformità l’attrezzatura non deve presentare crepe o danneggiamento. La deformazione deve rimanere entro il campo elastic.