L’alcalinità è una misura della capacità dell’acqua di assorbire ioni idrogeno (H+) senza determinare un significativo cambiamento del pH. Ciò significa che un’acqua con una elevata alcalinità è in grado di annullare gli effetti dell’introduzione di una sostanza acida. In pratica, un’acqua molto alcalina “consuma” l’acido che viene introdotto senza che si abbia come effetto una riduzione del valore di pH. Ciò avviene a causa di una presenza elevata nell’acqua delle specie chimiche dell’acido carbonico: carbonati, bicarbonati ed idrossidi.
Il valore corretto dell’alcalinità per un’acqua di piscina è tra 80 e 120 ppm di carbonato di calcio (Ca CO3).
L’ alcalinità determinata da carbonati e bicarbonati non è pericolosa per la salute umana e quindi la legislazione italiana sulle acque potabili non fissa un particolare valore guida ed un valore massimo ammissibile per questo parametro. Il motivo principale per il quale è consigliabile regolare l’alcalinità è perché, se essa è troppo alta, possono verificarsi fenomeni di incrostazioni, gli stessi che si verificano nel caso delle formazioni calcaree nelle grotte, ad esempio. Si può anche vedere l’acqua particolarmente torbida, bianca, con fenomeni di precipitazioni calcaree sul rivestimento o sugli accessori a contatto con l’acqua, come ad esempio i galleggianti delle corsie.
Anche un’acqua con una alcalinità troppo bassa può creare inconvenienti, poiché l’acido che viene introdotto per la correzione del pH non è in alcun modo tamponato e quindi può generare problemi di corrosione; La regolazione e la lettura strumentale del pH in acque con alcalinità troppo bassa possono inoltre risultare problematiche.
Molto spesso il termine alcalinità viene utilizzato come sinonimo di basicità, il contrario cioè di acidità. Nel caso del trattamento dell’acqua di piscina, tuttavia, questa abitudine non aiuta la comprensione dei fenomeni in gioco. Se infatti si trascura di correggere il pH in un’acqua che non ha contenuti particolarmente alti di carbonati, questa acqua diventerà basica, poiché il pH si alzerà a causa dell’introduzione di sostanze organiche o di sostanze chimiche apportate dalla disinfezione, ma non necessariamente aumenterà la sua alcalinità, cioè non necessariamente aumenterà la concentrazione di carbonati. L’alcalinità è una caratteristica dell’acqua che va corretta, se e solo se è necessario, a monte, per evitare problemi nella successiva gestione.
Una alcalinità alta è in netta relazione con la durezza dell’acqua, poiché i carbonati ed i bicarbonati sono spesso associati al calcio nell’acqua di riempimento. Un incremento dell’alcalinità può anche derivare dalla introduzione di sali che possono combinarsi tra loro in modo da produrre acidi carbonici.
Con il dosaggio di acido, in presenza di una elevata alcalinità iniziale, non si noteranno riduzioni del pH, oppure queste riduzioni saranno di breve durata, ma continuando ad introdurre acido ad un certo punto la situazione si stabilizzerà e il pH comincerà a scendere in modo direttamente proporzionale alla quantità di acido introdotta. Questo fenomeno è ben noto ai gestori delle piscine, che spesso ad inizio stagione vedono un consumo molto elevato di riduttore di pH, consumo che poi si stabilizza. Un processo utilizzato in acque con alcalinità particolarmente bassa è la riduzione del pH tramite introduzione in acqua di anidride carbonica, trattamento espressamente previsto dalla Legge Regionale Toscana sulle piscine. Questa sostanza consente di aumentare la concentrazione di carbonati riducendo l’effetto indesiderato di grosse variazioni di pH con l’aggiunta di quantità minime di sostanza, effetto difficile da controllare tramite l’utilizzo di acidi.
Una volta stabilizzato il valore dell’alcalinità, se non intervengono fenomeno nuovi, la situazione rimarrà costante al mantenimento di un corretto valore di pH.
Si definisce durezza di un’acqua il contenuto di sali di calcio e di magnesio, distinguendoli dagli altri sali in quanto la loro presenza in quantità eccessiva determina notevoli inconvenienti. Infatti per riscaldamento le acque dure danno luogo a intorbidamenti, con conseguente formazione di incrostazioni, particolarmente dannose negli impianti sia domestici che industriali. Una durezza troppo bassa, esalta il potere solvente dell’acqua stessa, che può così portare in soluzione metalli pesanti o intaccare le strutture. La durezza si può distinguere in temporanea e permanente. La somma delle due dà la durezza totale. La durezza temporanea indica la concentrazione di ioni idrogenati, dovuti soprattutto alla presenza di bicarbonato di calcio e magnesio, e si definisce temporanea perché questi ioni si trasformano, per riscaldamento, nei corrispondenti carbonati e precipitano. La durezza permanente persiste dopo l’ebollizione dell’acqua ed è dovuta alla presenza di carbonati, solfati e nitrati di calcio e magnesio. La durezza viene misurata in gradi francesi.
In genere, le acque vengono classificate in base alla loro durezza come segue:
- fino a 7 °f: molto dolci
- da 7 °f a 14 °f: dolci
- da 14 °f a 22 °f: mediamente dure
- da 22 °f a 32 °f: discretamente dure
- da 32 °f a 54 °f: dure
- oltre 54 °f: molto dure
Come abbiamo visto, i parametri relativi alla presenza nell’acqua di carbonato di calcio ed il pH sono strettamente correlati tra loro. Poiché la precipitazione dei carbonati è a sua volta direttamente proporzionale alla temperatura dell’acqua, si parla di bilanciamento dell’acqua di piscina considerando una valutazione complessiva di questi quattro fattori: l’alcalinità, la durezza, la temperatura, il pH.
Va detto che se il pH è facilmente controllabile, nel senso che si ottiene una variazione stabile introducendo una sostanza acida, molto probabilmente non vi sono problemi di bilanciamento dell’acqua. Ciò non significa che non ve ne saranno mai più, ma solamente che sono stati risolti, almeno fino al successivo riempimento o massiccio reintegro di acqua. Per verificare la situazione al primo riempimento di una piscina e per riuscire ad avere una idea anche quantitativa della situazione del bilanciamento chimico dell’acqua, si utilizzano anche formule, indici e tabelle. La formula più nota è quella derivata dall’ indice di Langelier, che recita:
pH + AF + CF + TF – 12,1 = Langelier Saturation Index
dove:
I valori di alcalinità e durezza sono indicati in ppm di CaCO3, la temperatura in gradi Celsius, il pH come numero puro. Il valore corretto è quello più vicino allo zero, valori negativi indicano una potenziale corrosività dell’acqua, mentre valori elevati sopra lo zero indicano una situazione di possibile inefficacia dei trattamenti chimici. La formula non va presa alla lettera, poiché si tratta di una approssimazione ottenuta in modo empirico.